
Ci avevano già provato nel settembre 2003 i servizi di intelligence israeliani, a neutralizzare lo sceicco Yassin, leader e fondatore del movimento terroristico palestinese Hamas, ma in quella occasione il capo terrorista era miracolosamente sfuggito alla morte. Sabato 6 settembre 2003, i vertici dell’ Israeli Defence Force e del Mossad, riferiscono al Primo Ministro Ariel Sharon che, in quello stesso giorno, le figure più rappresentative di Hamas (Yassin compreso) avrebbero tenuto un meeting presso l’ abitazione di uno dei prorpi membri, per discutere come eludere i controlli nella Striscia di Gaza e scatenare una nuova ondata di morte e distruzione in Israele. L’ occasione di decapitare in un sol colpo la leadership di Hamas è irripetibile e Sharon approva il piano di azione, con la clausola che ad essere impiegata sarebbe stata esclusivamente una singola bomba da 250 chili lanciata da un caccia israeliano, al fine di non coinvolgere i civili palestinesi. Pochi minuti dopo le ore sedici del 6 settembre, l’ obiettivo viene colpito, ma i terroristi sfuggono all’ attacco per questione di secondi. Il raid non provoca fortunatamente danni ai civili, ma Yassin resta comunque ferito ad una spalla ed Hamas giura vendetta.

Che Al-Fatah ed Hamas fossero pronte per un salto qualitativo nella propria strategia del terrore, fu chiaro all’ indomani dell’ azione congiunta di domenica 14 marzo: il fallito attentato al deposito chimico costiero situato a cinquantacinque chilometri dal porto commerciale di Ashdod. In quell’ occasione, due terroristi diciassettenni furono abbattuti dai militari israeliani prima di provocare l’ esplosione del deposito portuale di sostanze tossiche, il quale avrebbe certamente provocato un’ ecatombe nell’ area circostante. Poco prima dell’ alba del giorno precedente, il commando suicida misto (originariamente costituito da quattro elementi) aveva oltrepassato la recinzione posta lungo la Striscia di Gaza. Due dei terroristi, fattisi intenzionalmente rilevare dalle telecamere di sicurezza, furono immediatamente abbattuti dai militi dell’ I.D.F., dando tempo agli altri due di dileguarsi nell’ oscurità. Oltre la recinzione, nella parte israeliana, un’ automobile era in attesa dei kamikaze, che avrebbe prelevato ed equipaggiato con una cintura esplosiva ciascuno. Nascostisi per ben 22 ore, i due giovani terroristi sono infine entrati in azione alle quattro e trenta pomeridiane di domenica 14 marzo. Mentre un attentatore si dirigeva presso un complesso fuori dall’ area portuale, l’ altro era in grado di penetrarvi all’ interno. Entrambi sono stati tardivamente notati dal personale di sorveglianza, il quale riusciva comunque a neutralizzarli prima che fossero in grado di colpire il deposito di sostanze chimiche e provocare una catastrofe. Dopo il fallito attentato di Ashdod, Hamas ha rilasciato un video nel quale i due kamikaze uccisi minacciavano future e ben più gravi azioni, annunciando l’ inizio di una nuova fase nella guerra contro Israele.


E’ stata probabilmente la consapevolezza di essere ancora una volta nel mirino dei gruppi integralisti palestinesi e l’ intenzione di decapitare i movimenti terroristi prima del preannunciato ritiro dei coloni israeliani dai territori occupati, a spingere l’ esecutivo Sharon a colpire duramente Hamas, arrivando a deliberare l’ eliminazione del suo fondatore e leader, lo sceicco Sheikh Ahmed Yassin. Costretto su di una sedia a rotelle fin dalla giovane età e quasi completamente cieco, il leader terrorista era noto per recarsi ogni mattino presso la moschea di Sabra, a Gaza, distante un centinaio di metri dalla propria abitazione. Questa volta, ad aspettarlo fuori dalla moschea, c’ erano due elicotteri dell’ I.D.F., i quali (coperti dal frastuono provocato da alcuni F-16 in sorvolo sulla zona) si sono alzati sopra i palazzi circostanti e hanno centrato con tre missili il terrorista Yassin, le due guardie del corpo e uno dei figli.

L’ operazione (durante la quale hanno perso la vita anche quattro civili) sarebbe stata supervisionata dallo stesso Sharon, il quale ha successivamente dichiarato che lo Stato di Israele aveva così colpito “il primo degli assassini e dei terroristi palestinesi”, riferendosi alle centinaia di sanguinari attentati effettuati da Hamas nel corso della propria esistenza. “E’ un diritto del popolo ebreo colpire chi si alza per colpirlo -ha continuato il Primo Ministro- l’ ideologia che guidava quest’ uomo era l’ assassinio e l’ uccisione di ebrei ovunque si trovino e la distruzione di Israele.” Sharon ha inoltre annunciato che le operazioni antiterrorismo continueranno. Immediata la reazione di Hamas, che ha giurato vendetta, e l’ unanime dichiarazione di condanna proveniente dagli Stati arabi (in alcuni dei quali sono state inscenate anche violente proteste, come nel caso dell’ Iraq) e di quelli membri dell’ Unione Europea (sempre più attestata su posizioni antisemite e filo islamiche, anche a causa dell’ influenza francese) che, per voce del Ministro degli Esteri britannico Jack Straw, ha riconosciuto “il diritto di Israele a difendersi e il suo pieno diritto di farlo, ma all’interno delle leggi internazionali”. Le stesse leggi internazionali che non tutelano i cittadini israeliani dalle azioni criminali di terroristi quali Yassin. Più equilibrata la posizione dell’ Amministrazione Bush la quale, pur non approvando l’ operazione, ha ricordato alla comunità internazionale come Yassin fosse il leader indiscusso di una riconosciuta organizzazione terrorista. C’ è da scommettere comunque che il Governo israeliano non si fermerà dinnanzi alle critiche di chi non è in grado di offrire fattiva collaborazione, ma anzi lavora per criminalizzare l’ immagine di Israele nel mondo.


Ma chi era Sheikh Ahmed Yassin? Nato ad Ashkelon (nel sud di Israele) nel 1936, Sheikh Ahmed Yassin è costretto sulla sedia a rotelle fin dalla giovane età, quando rimane gravemente infortunato durante una partita di pallone nel campo profughi di Chatta (Gaza). Iscrittosi negli anni settanta all’ università di Al Azhar in Egitto, viene a contatto con il movimento studentesco della Fratellanza Musulmana. Attestato su posizioni integraliste, fonda un proprio gruppo dal nome di Muajama al-Islam, mentre nel 1982 da vita all’ organizzazione Majd el-Mujaheddin, predicante la “guerra santa” contro l’ occupazione israeliana. Nel 1984 viene arrestato e condannato per detenzione di armi ed esplosivo, per poi essere rilasciato l’ anno successivo a seguito di uno scambio di prigionieri con Israele. Nel 1987 Yassin fonda il gruppo terroristico Hamas. Nuovamente arrestato nel 1989, è condannato all’ ergastolo nel 1991 per il rapimento e l’ uccisione di due militari israeliani, ma viene rilasciato nel 1997 quale conseguenza di un nuovo scambio tra prigionieri. La sua popolarità in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è intanto uscita rafforzata dal periodo di detenzione nelle carceri israeliane, tanto da provocare una frattura insanabile nel popolo palestinese, il quale vede il movimento di Yassin quale l’ unica risposta alle politiche israeliane, isolando quindi sempre di più l’ O.L.P. di Yasser Arafat, oramai divenuto vero e proprio burattino nelle mani delle organizzazioni terroristiche. Dopo l’ 11 settembre (mentre i palestinesi ancora festeggiano per la morte di quasi 3000 innocenti, come dimostrato da più che eloquenti immagini televisive), Yassin cerca di pilotare l’ opinione pubblica internazionale contro Israele, puntando il dito contro il Mossad israeliano, cui attribuisce la responsabilità per gli attentati negli USA. La credulità della stampa di sinistra da vita alle teorie del complotto più fantasiose. Il 6 settembre 2003, i servizi di intelligence di Tel Aviv decidono di chiudere definitivamente la partita con Yassin ed i vertici di Hamas, senza successo. Come dimostrato dall’ operazione di Sabra, l’ appuntamento con la morte sarebbe stato però solo rimandato.