“Nella maggior parte dei casi non credo che un omicidio possa risolvere la situazione, ma con Settembre Nero non avemmo alternative e funziono’ perfettamente. E’ stato moralmente accettabile? Se ne puo’ discutere. E’ stato vitale da un punto di vista politico? Senza ombra di dubbio.” – Generale Aharon Yariv
Il candelabro della tradizione ebraica nell' emblema del Mossad, il temuto ed efficente servizio di intelligence israeliano. La parola Mossad sta per Istituto in lingua semitica
L’ operazione “WRATH OF GOD” (“IRA DI DIO” o “MIVTZAH ELOHIM” in ebraico), voluta da Israele all’ indomani del massacro della squadra olimpica nazionale (perpetrato il 5 settembre 1972 nel corso delle Olimpiadi di Monaco, da terroristi palestinesi appartenenti a Settembre Nero), e’ stata senza ombra di dubbio indicativa delle enormi capacita’ operative del Mossad, l’ intelligence militare israeliana. L’ 8 settembre 1972 (tre giorni dopo la strage), circa settantacinque apparecchi dell’ Israeli Air Force colpirono almeno dieci basi dell’ O.L.P. dislocate in Libano e Siria, causando sessantasei morti e diverse centinaia di feriti tra terroristi e militari. Tre caccia siriani vennero abbattuti sulle alture del Golan a fronte di due sole perdite da parte israeliana. Reparti di terra furono inoltre inviati in Libano, allo scopo di eliminare quei terroristi che gia’ da tempo erano impegnati in azioni di minamento delle strade israeliane. Le Nazioni Unite non persero tempo nel condannare la rappresaglia. Ma quanto in atto sul piano militare, rappresentava esclusivamente cio’ che l’ esecutivo israeliano desiderava mostrare al mondo. In gran segreto, un gruppo di alti ufficiali riunitosi nel Comitato X e guidato dall’ allora Primo Ministro Golda Meir e dal Ministro della Difesa Moshe Dayan, autorizzava l’ operazione “WRATH OF GOD”, avente l’ obiettivo di individuare ed eliminare tutti quegli individui direttamente ed indirettamente collegati alla strage di Monaco. Nessuna cattura, arresto o costoso processo per i terroristi. Una volta trovati, gli obiettivi sarebbero stati terminati e, cosi’ facendo, sarebbe stato inviato un chiaro messaggio a tutti coloro i quali desiderassero colpire nuovamente Israele. A rinfocolare l’ ira israeliana, fu inoltre la mancata approvazione (da parte delle Nazioni Unite) di una risoluzione che condannasse il massacro di Monaco, nonche’ la scarcerazione degli unici tre terroristi sopravvissuti all’ operazione. Il 29 ottobre infatti, un commando palestinese dirotto’ un volo delle linee aeree tedesche Lufthansa, ottenendo la liberazione dei tre soggetti. Innumerevoli sospetti sono stati sollevati riguardo l’ incidente, a causa del fatto che l’ apparecchio fosse in realta’ quasi completamente vuoto. Da piu’ parti e’ stato osservato come il Governo tedesco, potesse aver organizzato il dirottamento onde evitare l’ imbarazzo di dover processare i tre terroristi. Ancora una volta lo stato di Israele era stato abbandonato a se stesso da una comunita’ internazionale la quale, nei decenni a venire, si sarebbe troppo spesso dimostrata indulgente nei confronti dei massacratori islamici guidati dal terrorista Yasser Arafat.
Le foto degli undici olimpionici israeliani massacrati dai terroristi palestinesi di Settembre Nero, il 5 settembre 1972. Yasser Arafat (futuro Premio Nobel per la Pace) diede il suo pieno supporto morale all' operazione. In senso orario dall' angolo superiore sinistro: Yossef Gutfreud, Moshe Weinberg, Yossef Romano, David Berger, Mark Slavin, Jacov Springer, Andre Spitzer, Kehat Shorr, Elizer Halfin, Amitzur Shapira, Zeev Friedman
Il feretro di una delle vittime di Monaco
In quegli stessi giorni, il Generale Aharon Yariv (fra i primi a proporre l’ adozione di misure drastiche per fronteggiare l’ emergenza terrorismo) venne nominato Consigliere Antiterrorismo del Primo Ministro Golda Meir, con il ruolo di supervisore per “WRATH OF GOD”. Yariv ricorda cosi’ la decisione di dare il via all’ operazione “Non avevamo alternative. Dovevamo fermarli e questo era l’ unico modo per farlo. Non ne siamo mai stati troppo orgogliosi, ma era una questione di impellente necessita’ e siamo ricorsi all’ antica regola biblica dell’ ‘occhio per occhio’. Gestisco questi problemi non da un punto di vista morale ma, per quanto possa sembrare duro, valutando costi e vantaggi. Se sono davvero testardo mi domando: ‘Quale beneficio politico rechera’ l’ assassinio di questa persona? Ci portera’ piu’ vicini alla pace? Rendera’ possibile l’ intesa con i palestinesi?’ Nella maggior parte dei casi non credo che un omicidio possa risolvere la situazione, ma con Settembre Nero non avemmo alternative e funziono’ perfettamente. E’ stato moralmente accettabile? Se ne puo’ discutere. E’ stato vitale da un punto di vista politico? Senza ombra di dubbio.” Ad effettuare le eliminazioni sarebbe stata l’ unita’ del Mossad denominata Kidon (“baionetta” in ebraico), guidata da Mike Harari (agente con numerosi anni di servizio alle spalle) e responsabile delle uccisioni di diverse personalita’, tra cui quella del Dottor Gerald Bull (inventore del “super cannone” iracheno) e di Nasser Issa, detto “L’ ingegnere”, esperto di esplosivi per Hamas. Di stanza presso il dipartimento Metsada (oggi noto come Komemiute), Kidon era composta da circa trentasei militari, divisi in tre team da dodici elementi ciascuno. Il turn over avrebbe visto due squadre in addestramento, mentre una terza sarebbe stata sempre pronta ad entrare in azione. Al completamento di ciascuna operazione, i militi sarebbero stati pagati tramite appositi conti bancari in Svizzera. Cio’ che distingueva i team Kidon da tutte le altre unita’ israeliane, era il fatto che nessuna delle tre squadre fosse al corrente dell’ esistenza delle altre. I team sarebbero inoltre stati supportati (dal punto di vista finanziario ed operativo) esclusivamernte dal Mossad, il quale ne garantiva l’ esistenza al di fuori di qualsiasi struttura governativa israeliana, nonche’ la completa autonomia. Di volta in volta, il Comandante Mike Harari, avrebbe fornito alla squadra incaricata dell’ operazione, la lista degli obiettivi e tutte le informazioni necessarie per individuare ed eliminare i bersagli, lasciando completa autonomia ai propri uomini e rimuovendo la struttura gerarchica. Ma la genialita’ di Harari, risiedeva in quella che sarebbe ben presto divenuta la filosofia operativa del Kidon. Il Comandante non desiderava infatti che i terroristi venissero semplicemente eliminati, ma voleva che costoro sperimentassero lo stesso terrore e la stessa sofferenza inflitti agli atleti israeliani ed ai loro familiari. Instillare il terrore nei terroristi sarebbe ben presto divenuta una regola per il Kidon. Ovunque essi si nascondessero, di qualsiasi tipo di copertura costoro godessero, non vi sarebbe stato alcun modo per sfuggire alla caccia che di li’ a poco si sarebbe scatenata. L’ unica regola cui gli operatori del Kidon sarebbero stati vincolati, era quella dell’ identificazione certa del bersaglio, in mancanza della quale l’ eliminazione non sarebbe avvenuta.
Il Primo Ministro israeliano Golda Meir autorizzo' personalmente l' operazione WRATH OF GOD
Il Mossad diede quindi il via ad una vera e propria campagna psicologica, atta a terrorizzare le proprie prede. Sui giornali arabici comparirono improvvisamente annunci mortuari recanti i nomi di elementi legati al terrorismo palestinese, tutti personaggi in ottima salute. A questi avvertimenti fecero seguito le telefonate effettuate direttamente a casa degli interessati, nel corso delle quali i terroristi si videro sciorinare i dettagli relativi alla propria vita privata, compresi i nomi dei propri congiunti, di eventuali figli ed il luogo di lavoro. Ai terroristi venne quindi intimato di recidere ogni contatto con l’ O.L.P. o con altri gruppi armati ad esso associati. Nel caso in cui il terrorista avesse prematuramente interrotto la conversazione telefonica, accadeva spesso che un mattone lanciato dall’ esterno infrangesse una delle finestre di casa o che “qualcuno” bussasse violentemente contro la porta d’ ingresso, per poi dileguarsi nel nulla. Il Mossad voleva fosse chiaro ai terroristi che essi potevano essere eliminati in qualsiasi momento, anche all’ interno delle proprie abitazioni. Grazie alle informazioni ottenute da informatori all’ interno dell’ O.L.P. e da servizi segreti amici, l’ intelligence israeliana individuo’ trentacinque bersagli, a loro volta suddivisi tra le tre squadre del Kidon. In cima alla lista dell’ operazione “WRATH OF GOD”, si trovavano alti ufficiali dell’ O.L.P. quali Ab Iyad (leader di Settembre Nero) ed Ali Hassan Salameh, indicato da Yasser Arafat quale possibile successore alla guida del movimento palestinese. Ad una dei tre team Kidon (operante da Ginevra, in Svizzera) venne fornito un elenco costituito dai seguenti undici nominativi:
Adwan, Kamal – Responsabile per Al Fatah delle operazioni di sabotaggio nei territori occupati ed ufficiale addetto alle informazioni per Settembre Nero; responsabile di diversi attentati contro obiettivi israeliani nel mondo
Al-Chik, Hussein Abad – Contatto con il KGB per l’ O.L.P. del leader terrorista Yasser Arafat a Cipro e capo di Settembre Nero sull’ isola
Al-Kubaisi, Dr. Basil Paoud – Responsabile logistico e dei movimenti di armi ed esplosivi del F.P.L.P.
Boudia, Mohammed – Collegato con il braccio europeo dell’ O.L.P. e direttore della operazioni di Settembre Nero nel continente
Daoud Oudeh, Mohammed (anche noto come Abu Daoud) – Membro dichiarato di Settembre Nero e tra gli ideatori del massacro di Monaco
Haddad, Dr. Wadi – Capo terrorista collegato a George Habash
Hamshiri, Mahmoud – Rappresentante dell’ O.L.P. in Francia e coordinatore per l’ operazione di Monaco
Nasser, Kamal – Portavoce ufficiale dell’ O.L.P. e membro del comitato esecutivo dello stesso
Salameh, Ali Hassan – Detto “Il principe rosso”. Ideatore ed esecutore dell’ operazione di Monaco e comandante di Forza 17, guardia personale di Arafat
Yussuf, Abu – Alto ufficiale dell’ O.L.P., terzo al comando di Al Fatah, ufficiale alle operazioni di Settembre Nero ed uno dei vice di Yasser Arafat
Zwaiter, Wael Aadel – Cugino di Arafat, organizzatore degli atti terroristici dell’ O.L.P. e rappresentante per l’ Italia
Il primo obiettivo ad essere selezionato fu Wael Zwaiter, residente in un appartamento di Roma e per l’ eliminazione del quale, lo specialista di armi della squadra, fece pervenire da Ginevra cinque pistole Beretta cal.22. Le armi vennero consegnate agli operatori, i quali avevano nel frattempo preso residenza in tre luoghi diversi della capitale italiana. Il 16 ottobre fu dato il via all’ operazione. Una squadra di supporto trasporto’ il gruppo di fuoco (composto da due elementi) nelle vicinanze dell’ appartamento di Zwaiter, mentre un team d’ appoggio teneva sotto osservazione l’ intera area, mantenendo il contatto visivo con gli operatori sul campo. Quando Zwaiter venne visto avvicinarsi verso la propria abitazione, uno dei veicoli di supporto (parcheggiato lungo il marciapiede) si allontano’, segnalando al gruppo di fuoco l’ imminente arrivo dell’ obiettivo. I due eliminatori si mossero quindi all’ interno del portone dell’ abitazione del terrorista, fermatosi nel mentre in un bar vicino per effettuare una telefonata (il telefono dell’ abitazione di Zwaiter era infatti stato staccato a causa del mancato pagamento del servizio). Zwaiter si avvio’ successivamente verso casa ove, una volta giunto nell’ androne del palazzo, si imbatte’ nella coppia di eliminatori. “Sei tu Wael Zwaiter?”, domando’ uno di essi. Alla risposta positiva del soggetto, gli operatori scaricarono diciotto colpi di pistola contro il terrorista, eliminandolo all’ istante. Gli agenti si allontanarono quindi a bordo di un furgoncino.
L’ operazione immediatamente successiva all’ eliminazione di Zwaiter, venne ideata allo scopo di far sentire i terroristi in pericolo anche all’ interno delle proprie abitazioni. Mahmoud Hamshiri (membro dell’ O.L.P. di Arafat e coordinatore per il massacro di Monaco), venne contattato telefonicamente da parte di un finto giornalista della stampa italiana, per un’ intervista telefonica da tenersi l’ 8 dicembre successivo. Il giorno precedente l’ intervista (mentre Mahshari non si trovava in casa), operatori del Kidon visitarono l’ appartamento del terrorista, piazzando un carica esplosiva sotto il mobile al di sopra del quale si trovava l’ apparecchio telefonico. Quando, il giorno successivo, il terrorista ricevette la telefonata attesa, l’ operatore all’ altro capo del telefono gli chiese di identificarsi. Una volta ricevuta identificazione positiva, l’ esplosivo venne attivato tramite telecomando e Mahshari fu fatto a pezzi dalla deflagrazione.
Nei mesi successivi furono eliminati il Dr. Basil al-Kubaisi (abbattuto a Parigi con una dozzina di colpi di pistola), Hussein Abad Al Chik (saltato in aria grazie ad una bomba piazzata sotto il proprio letto), Zaid Muchassi (leader di Settembre Nero in Grecia, anch’ esso fatto a pezzi da una bomba posizionata sotto il letto) e Mohammed Boudia (leader di Settembre Nero in Francia, saltato in aria dopo aver azionato con il proprio peso una mina anti uomo posizionata sotto il sedile della sua automobile). Muchassi, originariamente non sulla lista, venne incluso in qualita’ di sostituto di Al-Achir quale contatto per l’ O.L.P. con il K.G.B. a Cipro. Ma l’ operazione di eliminazione del terrorista rischio’ di essere compromessa quando il gruppo di fuoco, in procinto di allontanarsi dalla scena dell’ operazione, si trovo’ dinnanzi l’ agente del K.G.B. incaricato di contattare Muchassi. L’ uomo venne ucciso mentre tentava di estrarre la propria arma. Benche’ la morte dell’ agente sovietico non fosse prevista dal piano originale (e rientrasse nella definizione di “danno collaterale” data da Harari), non vi furono ripercussioni disciplinari sul gruppo di fuoco.
Agli operatori venne in seguito ordinato di fare ritorno in Israele, ove fu loro notificato che Adwan, Youssef Al-Najjar e Nasser avrebbero di li’ a poco preso parte ad una riunione a Beirut (Libano), unitamente ad altre personalita’ della galassia terroristica araba. Le squadre Kidon vennero quindi assegnate a supporto dell’ operazione interforze “SPRING OF YOUTH”, diretta dal Mossad e condotta da circa quaranta commandos facenti parte delle unita’ Sayeret MAT.KAL., Sayeret T’zanahim, S-13 e della Unit 707 (unita’ speciale della Marina oggi non piu’ attiva). Nella notte tra il 9 ed il 10 aprile 1973, operatori delle forze speciali vennero infiltrati sulle spiagge di Beirut e Sidon (terza piu’ grande citta’ del Libano), a bordo di gommoni Zodiac rilasciati da nove motosiluranti, per essere trasportati da due automobili affittate dal Mossad solo il giorno prima, verso i rispettivi bersagli. L’ obiettivo primario a Beirut era costituito da un paio di edifici a sette piani (ubicati nel settore musulmano occidentale della citta’) sorvegliati da guardie armate ed i quali servivano da quartier generale e residenza per i leader dell’ O.L.P. La forza d’ attacco era prevalentemente costituita dagli uomini del Sayeret MAT.KAL., guidati dal Comandante Ehud Barak (futuro Primo Ministro di Israele), fra i quali figurava anche Yonathan Nethanyahu (fratello del Primo ministro Benjamin Netanyahu), il quale sarebbe salito a capo dell’ unita’ due anni dopo, per perdere la vita nel 1976, durante l’ operazione “FULMINE / JONATHAN” ad Entebbe (Uganda). Gli operatori si avvicinarono all’ obiettivo travestiti da coppiette (Ehud Barak era travestito da donna) e, una volta all’ interno, eliminarono Abu Youssef (terzo al comando di Al Fatah), Kamal Adwan e Kamal Nasser. Barak ottenne una decorazione per l’ operazione brillantemente condotta. L’ obiettivo secondario era invece costituito da un edificio a piu’ piani ospitante gli attivisti del F.P.L.P., il quale venne attaccato da quattordici commandos (principalmente paracadutisti) guidati da Amnon Lipkin-Shahak, (futuro Capo di Stato Maggiore). Gli operatori incontrarono una forte resistenza, la quale provoco’ la morte di due militari. Nonostante la violenta reazione dei terroristi, l’ edificio venne distrutto facendo uso degli esplosivi in dotazione agli assaltatori. Lipkin-Shahak venne decorato per il coraggio dimostrato nel corso dell’ azione. Altri obiettivi vennero demoliti dagli incursori di Marina dello Shayetet 13 dopo aver raccolto documenti ed informazioni di vario genere. Essi includevano il quartiere generale di Al-Fatah a Gaza ed un laboratorio clandestino per l’ assemblaggio di missili e mine nei pressi del Beirut International Airport, un ulteriore laboratorio nella parte nord-est di Beirut ed un’ autorimessa dell’ O.L.P. a nord di Sidon. Al termine dell’ operazione “SPRING OF YOUTH”, circa un centinaio di paramilitari e terroristi palestinesi avevano perso la vita, unitamente a due operatori israeliani. Anche la moglie di Abu Youssef perse la vita, uccisa mentre cercava invano di difendere il marito.
Ali Hassan Salameh, detto il Principe Rosso, una delle menti della strage delle Olimpiadi di Monaco e Comandante di Forza 17, guardia personale di Yasser Arafat
Il 28 giugno 1973 fu la volta dell’ algerino Mohammad Boudia, direttore della operazioni di Settembre Nero in Europa, eliminato da un’ autobomba a Parigi. Dopo un anno di indagini, gli operatori del Kidon credettero di aver individuato anche Ali Hassan Salameh presso Lilehammer, in Norvegia. Figlio del ricco uomo d’ affari Sheikh Hassan Salameh (figura leggendaria dei primi anni del conflitto arabo-israeliano), Salameh sapeva fin dall’ infanzia che il suo destino sarebbe stato quello di seguire le orme paterne nella lotta contro l’ odiato nemico ebreo. Dopo essersi spostato per motivi di studio dalla West Bank al Cairo, il giovane Salameh si trasferi’ in Germania Ovest, onde conseguire una laurea in ingegneria. Sposatosi nel 1963 al Cairo, Salameh continuo’ nonostante tutto la propria vita da ricco playboy. Le sue doti di capo carismatico lo portarono a scalare posizioni fra i ranghi di Al Fatah, divenendo pupillo di Yasser Arafat, il quale gli affido’ il comando della propria guardia personale, Forza 17. Su Salameh ricadde ben presto la responsabilita’ di organizzare il massacro di Monaco, l’ uccisione di decine di cittadini israeliani innocenti ed un attentato (fallito) ai danni del Primo Ministro israeliano Golda Meir. Il 21 luglio 1973, una squadra di sorveglianza individuo’ colui che credevano essere Salameh, mentre era intento nell’ entrare all’ interno di una piscina pubblica di Lilehammer. Le caratteristiche fisiche dell’ uomo erano tali da risultare identiche a quelle di Salameh, tanto che di li’ a poco il team di eliminatori venne dispiegato a Lilehammer, registrandosi sotto falsi nomi presso l’ Oppland Tourist Hotel. L’ uomo venne successivamente avvistato mentre lasciava la piscina in compagnia di una donna in cinta, per entrare in un cinema poco distante. Al termine del film (alle 22:35 circa), la coppia si diresse verso l’ appartamento dell’ uomo a bordo di un autobus. Quando i due arrivarono dinnanzi all’ edificio, una coppia di operatori del Kidon fuoriusci’ dalla propria Mazda e apri’ il fuoco contro l’ uomo, uccidendolo all’ istante. Ad insaputa degli agenti, ad essere stato colpito era stato questa volta un innocente, Ahmed Bouchiki, cameriere marocchino e completamente estraneo ai fatti. Ignari dell’ errore commesso, i due operatori raggiunsero un punto di raccolta predeterminato per allontanarsi a bordo di una Peugeot precedentemente affittata. Nei giorni successivi, la polizia norvegese fu in grado di individuare l’ intera squadra (composta da sei agenti), arrestandola all’ imbarco dell’ aereo che li avrebbe portati fuori dal Paese. Cinque degli operatori vennero condannati, ricevendo pene variabili dai due ai cinque anni e mezzo. Tutti sarebbero pero’ stati rilasciati entro ventidue mesi. Nel 1996, pur non accettando ufficialmente la responsabilita’ per quanto accaduto, Israele pago’ un lauto rimborso alla moglie di Bouchiki (la donna che era con lui al momento dell’ omicidio).
Nonostante il tragico errore, la caccia a Salameh non si era affatto interrotta. Nel gennaio 1974, una squadra del Kidon venne dispiegata in Svizzera, ove il terrorista era atteso il 12 dello stesso mese per presiedere ad un meeting con figure di spicco dell’ O.L.P. all’ interno di una chiesa. Quando due agenti israeliani fecero il proprio ingresso all’ interno della chiesa, essi vennero affrontati da tre arabi, i quali furono abbattuti ancor prima di riuscire ad estrarre le proprie armi. Nonostante il caos creatosi all’ interno della struttura, gli operatori continuarono la caccia a Salameh, la quale venne pero’ abbandonata dopo poco. Non sarebbe pero’ trascorso molto tempo prima che una fonte anonima da Londra, richiedesse un incontro con gli agenti, allo scopo dichiarato di fornire informazioni su Salameh. Quando l’ informatore non si presento’, gli operatori iniziarono a sospettare che qualcheduno, dall’ esterno, stesse tenendo sotto controllo i movimenti dei membri del Kidon. Tali sospetti furono confermati poco tempo dopo, quando uno degli agenti venne approcciato da una giovane ed avvenente donna presso il bar dell’ Hotel Europa di Londra. Poco dopo, l’ uomo dovette allontanarsi brevemente per recarsi nella propria stanza. Al suo ritorno, la donna era scomparsa insieme ad un collega dell’ agente. Il militare fece ritorno nella propria stanza, solo per notare che da quella adiacente (occupata dal collega) si sentivano provenire risate di donna. Il mattino successivo, l’ uomo venne trovato riverso a terra nella propria stanza, nudo e con un foro di proiettile nel torace. Tre mesi dopo, la donna venne localizzata poco fuori Amsterdam. Fonti locali confermarono che essa era in realta’ un’ assassina a pagamento, assoldata dal contro spionaggio palestinese allo scopo di colpire il Kidon. Andando ben oltre il proprio mandato, il 21 agosto gli agenti vendicarono il proprio collega, uccidendo la donna non lontano dalla propria abitazione.
Altre personalita’ terroristiche a cadere vittima negli anni delle squadre del Kidon, furono Adbel Hamid Shibi, Adbel Hadi Nakaa (entrambi membri di Settembre Nero saltati in aria con le propre macchine nel corso di due distinte operazioni), Adnan Al-Gashey (uno dei tre membri del commando di Monaco liberati dal Governo tedesco; morto in uno degli stati del Golfo, apparentemente per mano del Mossad) e Mohammed Safady (anch’ egli parte del gruppo rilasciato dalle autorita’ tedesche).
La macchina di Salameh dopo essere stata investita dall' esplosione della carica piazzata dagli operatori del Kidon
Nel mentre, la caccia a Salameh continuava. Quando anche il terzo tentativo non ando’ a segno, il Comandante Harari diede l’ ordine di abortire la missione. Ma gli operatori del Kidon erano oramai determinati ad eliminare il terrorista e decisero di pianificare indipendentementre una nuova operazione. Fonti di intelligence individuarono il bersaglio in una casa di Tarifa (sulla costa ovest di Gibilterra). Quando tre operatori cercarono di avvicinarsi all’ abitazione del terrorista, essi furono affrontati da una guardia araba armata di AK-47, la quale fu immediatamente neutralizzata. A seguito dello scontro a fuoco, la missione venne abortita ed il gruppo di fuoco trovo’ riparo in un luogo sicuro. Nel 1979, il Mossad fu finalmente in grado di individuare ed abbattere Ali Hassan Salameh. Il terrorista venne localizzato a Beirut, unitamente alla sua cerchia di fedelissimi. Dopo un breve periodo nel corso del quale l’ obiettivo venne posto sotto sorveglianza (onde essere identificato positivamente), il Mossad passo’ all’ azione. Una sera di meta’ gennaio, al crepuscolo, due incursori di Marina a bordo di un gommoncino a remi, vennero rilasciati da un’ unita’ navale israeliana ormeggiata al largo della costa di Beirut. Giunti su una delle spiaggie della citta’, i militari consegnarono esplosivi (del tipo hexagen) e detonatori a due agenti del Kidon in attesa. Una volta ricevuto un segnale prestabilito dalla torcia di uno dei subacquei, gli agenti scesero da una Volkswagen presa a nolo, onde raccogliere il materiale e trasportarlo presso un nascondiglio. Diversi giorni dopo, la macchina (imbottita di esplosivo) venne parcheggiata in Beka Street. Alle 15:45 del 22 gennaio, Salameh, dopo aver salutato la moglie, usci’ di casa per salire a bordo della sua Chevrolet station wagon e dirigersi verso la casa della madre, dove avrebbe festeggiato i tre anni della propria nipote. A proteggerlo, due guardie armate, piu’ altre tre all’ interno di una Land Rover di scorta. Quando il convoglio sfreccio’ dinnanzi alla Volkswagen imbottita d’ esplosivo, un agente del Kidon nascosto in un appartamento vicino, fece detonare l’ ordigno a distanza. Salameh, con una scheggia di acciaio conficcata nel cervello, venne trasportato presso l’ American University Hospital, dove mori’ alle 16:03 dello stesso giorno.
Yasser Arafat (cerchiato in rosso) porta in spalla la bara di Salameh al funerale del terrorista
Mohammed Daoud Oudeh dopo esser stato colpito cinque volte a distanza ravvicinata il 27 luglio 1981 in un caffe' di Varsavia (Polonia) da un agente del Mossad
La morte di Salameh pose fine all’ operazione “WRATH OF GOD”, durata sei anni nel corso dei quali Israele era stata in grado di inseguire, terrorizzare ed eliminare quasi tutti i responsabili della strage di Monaco. Jemel Al-Gashey, terzo membro del commando di Monaco, resta ad oggi latitante, forse ben nacosto in qualche stato africano. Nel 1999, una troupe televisiva riusci’ ad intervistare il terrorista, il quale si disse orgoglioso degli ignobili omicidi perpetrati, rafforzando (da un punto di vista morale) la decisione di Israele di intraprendere “WRATH OF GOD”. Mohammed Daoud Oudeh, uno degli ideatori del massacro, vive attualmente con la moglie ad Amman (Giordania), godendo di una pensione elargita dall’ Autorita’ Palestinese. Daoud e’ stato colpito cinque volte a distanza ravvicinata il 27 luglio 1981 in un caffe’ di Varsavia (Polonia) da un agente del Mossad. Nella sua autobiografia intitolata “Memorie di un terrorista palestinese” (pubblicata nel 1999 in Francia), Daoud (oggi settantenne) afferma che i fondi per l’ operazione vennero raccolti da Mahmoud Abbas (meglio noto quale Abu Mazen, succeduto ad Arafat alla guida dell’ Autorita’ Palestinese dal 15 gennaio 2005), all’ oscuro dello scopo per il quale essi sarebbero serviti. Yasser Arafat (futuro Premio Nobel per la Pace) supporto’ invece senza scrupoli di sorta l’ intera operazione.
[learn_more caption=”Spielberg e la morale ritrovata” state=”open”]
E’ attesa per il gennaio 2006 l’ uscita nelle sale cinematografiche di tutto il mondo di “Munich”, trasposizione su pellicola dell’ operazione “WRATH OF GOD”, ad opera del regista Steven Spielberg. Girato tra Malta, l’ Ungheria e la Polonia, il film si basa sulla controversa ricostruzione data dell’ operazione dallo scrittore George Jonas nel suo libro intitolato “Vengeance” (uno dei titoli provvisori scelti da Spielberg). Secondo quanto scritto da Jonas, Israele avrebbe abbandonato a se stessi gli agenti incaricati di eseguire la missione, causando la morte di diversi di essi, ad opera del controspionaggio palestinese. Zvi Zamir, capo del Mossad all’ epoca degli eventi, ha giudicato la ricostruzione fatta da Jonas, quale non veritiera. “Mi sorprende che un regista come Spielberg abbia scelto, tra tutte le fonti, di affidarsi principalmente al libro di Jonas”, dichiara Zamir. Secondo Spielberg, il film si riproporrebbe di raccontare la missione attraverso gli occhi degli agenti sul campo, la cui iniziale risolutezza nel portare a termine il compito assegnato loro, fa progressivamente spazio a dubbi di natura morale. Il concetto alla base del film, e’ che la vendetta non funzioni e che sangue generi solamente altro sangue. Ma diversi agenti del Mossad hanno bollato come completamente inverosimile il comportamento dei personaggi di “Munich”. “Non sono a conoscenza di alcun caso di un agente che, nel bel mezzo di una missione, decida di tirarsi indietro per ragioni di natura morale”, dice Gad Shimron, ex operatore. “L’ idea di un agente che viola il proprio contratto poiche’ giudica una missione quale moralmente inaccettabile, e’ qualcosa di cui non si e’ mai sentito fino ad oggi nel mondo dell’ intelligence. Questi uomini sono professionisti devoti al proprio lavoro, i quali hanno gia’ dimostrato il loro valore all’ interno delle unita’ d’ élite israeliane e che, al momento dell’ arruolamento nel Mossad, sono ben consci della natura dei compiti che sara’ richiesto loro di eseguire”, afferma Shimron.
Nessun ripensamento per gli agenti del Kidon e per il Mossad quindi, come evidenzia anche Ilana Romano (vedova di Yossef Romano, uno degli undici atleti uccisi dai terroristi). La signora Romano afferma che la convinzione che Israele dovesse agire autonomamente allo scopo di difendersi, venne rafforzata dal rilascio di tre membri del commando palestinese da parte delle autorita’ tedesche. “E’ in quel momento che le rappresaglie ebbero realmente inizio”, ricorda la Romano, specificando come (ad ogni eliminazione effettuata dal Kidon) fosse solita ricevere una comunicazione telefonica da parte di ufficiali del Mossad. Uno degli uomini facenti parte dei gruppi di fuoco del Kidon (membro attivo nella caccia scatenata contro i terroristi), afferma come vi siano serie inaccuratezze nel libro di Jonas, a cominciare dal nome dell’ operazione. Non vi sarebbe stata alcuna “WRATH OF GOD”. Ad ogni eliminazione veniva infatti assegnato un nome in codice differente (come dimostra anche l’ operazione “SPRING OF YOUTH”). A differenza di quanto scritto da Jonas, non vi era alcuna squadra fissa, ma ogni uomo veniva di volta in volta selezionato dalle differenti unita’ speciali israeliane, a seconda del profilo di missione. “La presenza del gruppo di fuoco sul terreno- afferma l’ agente – era estremamente limitata nel tempo. Potevi aspettarti di venire attivato e, due ore dopo, essere gia’ in volo verso l’ obiettivo per eseguire il lavoro e trovarti nuovamente a casa per cena. Inoltre, non vi e’ alcun tipo di addestramento speciale per operazioni che richiedano l’ abbattimento di un bersaglio a distanza ravvicinata e facendo uso di una pistola, come richiesto dalle missioni che ci venivano assegnate.” L’ operatore afferma inoltre come il momento piu’ suggestivo del libro di Jonas (quello che vede il Primo Ministro Golda Meir dare la propria benedizione al comandante in campo del Kidon), sia una pura invenzione dello scrittore. “E’ assolutamente impensabile che il Primo Ministro convochi un agente sul campo, per chiedergli personalmente che una missione venga portata a termine. Quanto scritto da Jonas non e’ mai avvenuto.”
Sembra che, dato l’ argomento trattato dal film, Spielberg abbia ricevuto minacce di morte da gruppi terroristici palestinesi. Secondo indiscrezioni ricevute da Corpi d’ elite.net, il regista si e’ servito per la propria protezione di una trentina di guardie del corpo, in prevalenza statunitensi (ma nel gruppo figuravano anche due italiani). La sicurezza dell’ area circostante il set, e’ stata invece fornita da una compagnia privata maltese, guidata da un locale ex appartenente alla Legione Straniera. Per rendere le scene d’ azione tecnicamente piu’ credibili, il regista statunitense ha inoltre fatto affidamento sulla partecipazione alle riprese dei militari della C (S.D.) Company maltese, ai quali e’ toccato il compito di vestire i panni dei terroristi e dei commandos israeliani dell’ operazione “SPRING OF YOUTH” (Beirut e’ stata ricreata nella cittadina di Bormla, all’ interno della Grand Harbour). “Girare un film e’ veramente impegnativo- ci spiega uno dei militari che hanno preso parte alle riprese e che nel film interpreta un operatore delle forze speciali – tutto e’ altamente coreografato e si deve fare attenzione alle luci ed alle direttive del regista.” Aggiunge poi scherzando: “Anche se Eric Bana non e’ in grado di distinguere un fucile d’ assalto da un Uzi, credo che ne uscira’ un buon film!”[/learn_more]
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