Operazione “Barras”

Magbeni, 10 Settembre 2000

“Se questa operazione ottiene il via libera, voglio che sia ben chiaro che andrete all’ interno di quel campo per impartire a questa gente una lezione che non dimenticheranno. E non ho alcun dubbio che questo e’ proprio quello che farete.” – Ex Comandante del 22 S.A.S


Il 25 agosto del 2000, in Sierra Leone, undici militari appartenenti al 1st Battallion, Royal Irish Regiment ed un ufficiale di collegamento delle forze armate locali (il Caporale Mousa Bangura), vengono catturati mentre si trovano in viaggio alla volta della propria base. I militari fanno parte di una task-force inviata dal governo britannico al fine di addestrare l’ esercito governativo della Sierra Leone ed acquartierata presso Camp Benguema (dieci miglia a sud-est della capitale Freetown). Il convoglio (di ritorno da un meeting con le forze giordane delle Nazioni Unite, tenutosi presso la base Jordbat2 di Masiaka) e’ al comando del Maggiore Alex Martial (comandante di Camp Benguema) ed e’ composto da tre veicoli (una WMIK, una Land Rover standard ed una terza equipaggiata quale stazione radio).



Le Land Rover dei parà sono note con il nome di Wolf: equipaggiate con mitragliatrici pesanti GPMG cal. 50 (sul tetto) e 12.7 (frontale) possono sviluppare un notevole volume di fuoco (foto&copy Defence Picture Library , Plymouth)



I mezzi, avventuratisi nell’ area delle Occra Hills, sono presto bloccati nella parte sud del villaggio di Magbeni dai ribelli antigovernativi appartenenti alla fazione dei West Side Boys, guidati da Foday Kallay e sotto i quali ricade il controllo dell’ intera zona. Gli undici militi britannici vengono rinchiusi all’ interno di una casupola ubicata nella parte nord del villaggio (abitazione del Colonnello “Cambogia”), mentre il Caporale Bangura e’ gettato all’ interno di una buca nel terreno ed orrendamente torturato. A seguito del rapimento, vengono mosse marcate rimostranze da parte dell’ esercito inglese, ma lo stesso generale dei Caschi Blu nigeriani pone in evidenza come effettivamente il convoglio viaggiasse in un area ad alto rischio e senza aver preventivamente allertato il comando nigeriano delle proprie intenzioni. Le dichiarazioni secondo le quali la pattuglia non avesse mai incontrato le forze giordane, risulteranno successivamente null’ altro che illazioni, originatesi in seguito al clima di forte tensione instauratosi tra i comandi britannici e nigeriani.



Gli uomini dello S.A.S. al loro arrivo all' aeroporto di Lungi nel maggio 2000 (foto&copy Andy Chittock)

A bordo di pickup Toyota prive di contrassegni, gli operatori del Reggimento sono pronti a muovere (foto&copy Andy Chittock)


I pattugliamenti aerei, predisposti nei giorni successivi al fine di localizzare i militari scomparsi, si rivelano ben presto inutili, probabilmente per la presenza di una fitta vegetazione che ricopre la maggior parte del territorio della zona. Anche se negato da ambienti ufficiali, sembra che il 27 agosto, una pattuglia costituita da una dozzina di uomini dello S.A.S., sia stata incaricata di eseguire una serie di ricognizioni avanzate nell’ area dove si sospettava fossero nascosti i ribelli. Lo stesso giorno i miliziani autori del rapimento fanno pervenire alle autorità una richiesta di scarcerazione per il loro leader detenuto nei carceri governativi, il generale Papa (detto “Bomb Blast”), in cambio delle vite degli ostaggi. Vengono inoltre avanzate richieste per cibo e medicinali.



Operatore radio del 1st Battalion del Parachute Regiment armato di fucile d' assalto SA-80, in pattugliamento nella giungla (foto &copy Defence Picture Library, Plymouth)



Il 29 agosto, un team di negoziazione ostaggi viene fatto incontrare con due dei prigionieri (il Maggiore Alex Martial ed il Capitano Flaherty), ricevendo in tal modo rassicurazioni sull’ umanità del trattamento loro riservato dai ribelli e sul fatto che nessuno dei militari britannici fosse ferito. Il meeting ha luogo sull’ arteria che congiunge Benguema e Masiaka e ad esso presiedono il Comandante del Royal Irish Regiment, il Tenente Colonnello Simon Fordham, ed altri ufficiali. Le trattative vengono affidate ad una coppia di negoziatori della Metropolitan Police londinese, accompagnati da due elementi dell’ Hostage Negotiation Team dello S.A.S. A presiedere il negoziato dalla parte dei ribelli, lo stesso Foday Kallay ed il Colonnello “Cambogia”, scortati da miliziani armati. Alle precedenti richieste per cibo e medicinali, si aggiungono ora quelle relative ad un telefono satellitare, cosi’ da permettere ai West Side Boys di contattare i media internazionali. In qualche modo, nel corso dell’ incontro, i due ostaggi riescono a passare ai negoziatori una mappa (precedentemente da loro preparata) riguardante le difese del campo ribelle, il tipo di terreno e l’ ubicazione dei prigionieri. Il giorno successivo, i West Side Boys ricevono il telefono satellitare, rilasciando cinque degli ostaggi: il Sergente Maggiore Head, i Caporali Sampson e Ryan, ed i Ranger McVeigh e McGuire. Con l’ apparato di comunicazione nelle proprie mani, Foday Kallay puo’ adesso liberamente contattare i mass media. Il Colonnello “Cambogia”, chiede inoltre che, oltre alla scarcerazione del loro leader, si giunga ad una revisione del trattato di pace della Sierra Leone, che lo porti a divenire il Presidente del Paese e che i miliziani facenti parte dei West Side Boys vengano quanto prima reintegrati nell’ esercito. Il primo contatto fra Kallay ed il BBC World Service (avvenuto il 30 agosto) venne seguito dai restanti sei ostaggi tramite una radiolina data loro dai ribelli. E fu proprio nel corso della trasmissione che un evento inaspettato avrebbe rialzato il morale dei militari. Una scarica di statica interferi’ infatti brevemente con la trasmissione. Non essendovi alcuna fonte in grado di provocare un’ interferenza del genere nel bel mezzo della giungla, gli ostaggi capirono che qualcuno, nell’ oscurita’ intorno alla base era probabilmente in attesa.



Elementi delle Forze Speciali britanniche durante una sessione di tiro prima dell' avvio dell' operazione BARRAS. Gli operatori impiegano fucili d' assalto canadesi Diemaco muniti di lancia granate e preferiti (almeno dallo S.A.S.) ai Colt CAR M4



Nel frattempo, fervevano in preparativi per la missione di salvataggio. Grazie alle immagini satellitari raccolte, viene costruita una replica del campo ribelle, grazie alla quale le Forze Speciali avrebbero provato senza sosta il piano d’ assalto. Nessun intervento effettuato fino ad allora dallo S.A.S., avrebbe potuto essere paragonata all’ operazione “BARRAS” in termini di complessita’ logistica, segretezza e velocita’ nell’ esecuzione, fungendo quale banco di prova per i dispiegamenti che di li’ a pochi anni avrebbero visto le forze speciali britanniche in prima linea nella guerra al terrore post 11 settembre. “BARRAS” avrebbe visto in azione circa 250 uomini, inclusi gli equipaggi degli elicotteri, oltre ad una cinquantina di operatori del “D” Squadron (rientrato il 29 agosto precedente da un’ esercitazione tenutasi presso Nanyuki in Kenya e durante la quale, a seguito di un incidente stradale, avevano perso la vita il Caporale Martin Halls ed il Soldato Adrian Powell, entrambi appartenenti al Boat Troop) e a due dozzine di uomini dello Special Boat Service (S.B.S.), i quali (per la prima volta) avrebbero combattuto accanto allo S.A.S. in squadre completamente integrate (soluzione successivamente adottata in Aghanistan ed Iraq anche dalle Forze Speciali italiane). A costoro sarebbero andati ad aggiungersi circa 150 para’ del 1st Battalion del Parachute Regiment, anche questi mai impiegati cosi’ a stretto contatto con gli uomini delle forze speciali. In tutto, quasi 200 militari sarebbero stati impegnati a terra, con il supporto di sette elicotteri. Il successo dell’ operazione sarebbe stato affidato al contributo di tutte e tre le armi delle forze armate di Sua Maesta’. L’ Esercito avrebbe posto a disposizione lo S.A.S., il Parachute Regiment e due elicotteri da attacco AH7 Lynx; la Marina il suo S.B.S., la nave ausiliaria Sir Percival, la HMS Argyll ed il suo AH7 Lynx; la R.A.F. avrebbe contribuito con i propri Hercules e tre elicotteri da trasporto CH47 Chinook. Il supporto del Sierra Leonean Army e della truppe gia’ presenti nel Paese sotto mandato O.N.U. sarebbe inoltre stato vitale. Qualora fosse stato dato il via all’ intervento, lo S.A.S. e lo S.B.S. si sarebbe dovuto assicurare che, oltre ad effettuare il recupero di tutti gli ostaggi, nessun guerrigliero dei West Side Boys sarebbe sopravvissuto al raid, circostanza questa, sottolineata agli uomini del “D” Squadron dall’ allora Comandante del Reggimento. “Se questa operazione ottiene il via libera- aveva precisato l’ ufficiale – voglio che sia ben chiaro che andrete all’ interno di quel campo per impartire a questa gente una lezione che non dimenticheranno. E non ho alcun dubbio che questo e’ proprio quello che farete”.Ma cio’ che avrebbe determinato piu’ di tutti il successo o meno dell’ intera operazione, sarebbe stata la capacita’ di far muovere questo nutrito dispositivo fuori dalla Gran Bretagna in assoluta segretezza, onde non allertare la stampa (e quindi i West Side Boys) riguardo ad una imminente missione di recupero degli ostaggi. Uomini e mezzi vennero fatti affluire sotto la copertura del dispiegamento britannico attivo oramai da tre mesi in Sierra Leone e soprannominato operazione “PALLISER”. Un quartier generale interforze di stanza a Freetown (denominato Joint Forces Head Quarters, J.F.H.Q.) si sarebbe occupato degli aspetti logistici, disponendo che gli uomini del “D” Squadron arrivassero passando attraverso Dakar (Senegal), per giungere alla propria destinazione finale, Camp Waterloo, a sud est di Freetown ed ubicato in mezzo al nulla.



Gli uomini del 1st Battalion del Parachute Regiment in Sierra Leone. Non e' chiaro se la fotografia sia stata scattata nel corso dell' operazione BARRAS. I para' sono armati di fucili d' assalto SA-80. Il milite in piedi sulla destra e' armato di lancia missili contro carro



Magbeni (la base principale) era posta sul lato sud del fiume Rokel Creek, accessibile solo tramite una stretta strada sterrata attraverso la giungla, mentre Gberi Bana (l’ insediamento secondario ove erano tenuti gli ostaggi) si trovava invece a nord del fiume ed era accesibile solamente per via fluviale o tagliando direttamente attraverso la giungla. Il terreno non lasciava quindi che tre opzioni per l’ assalto: un approccio via terra, uno dal fiume od un ultimo per mezzo di elicotteri, direttamente nel centro dell’ obiettivo. Tre furono quindi i piani ad essere sviluppati e valutati sulla probabilita’ di portare a terminare con successo l’ obiettivo primario: riportare a casa incolumi tutti gli ostaggi. I tre piani d’ intervento si sarebbero basati sugli elementi della silenziosita’ e della sorpresa, attraverso l’ infiltrazione notturna nell’ area ed un assalto improvviso all’ alba. Secondo quanto delineato nel piano A, le squadre sarebbero state infiltrate attraverso il fiume su dei battelli, per proseguire successivamente a piedi nella giungla e stabilire delle L.U.P. (Lying-up Position) in attesa dell’ attacco programmato per l’ alba. Tale piano prevedeva un ruolo fondamentale per lo S.B.S. e per il Boat Troop dello S.A.S., i quali avrebbero trasportato parte della forza d’ assalto attraverso il Rockel Creek. Il piano B prevedeva invece un attacco terrestre, con inserimento notturno tramite Land Rover ed avvicinamento all’ obiettivo a piedi. Anche in questo caso, l’ assalto sarebbe stato effettuato alle prime luci dell’ alba. Il piano C prevedeva invece un vero e proprio assalto aviotrasportato, un’ opzione che, mancando totalmente dell’ elemento sorpresa, venne posta da parte quale ultima risorsa, nel caso i piani A o B non potessero essere adottati. E’ a questo punto che il Parachute Regiment venne chiamato in causa. Era chiaro infatti come un’ operazione del genere necessitasse del supporto di una forza adeguata. Anche se i circa settanta operatori delle Forze Speciali si fossero concentrati solamente sul villaggio di Gberi Bana e fossero riusciti ad individuare gli ostaggi, i ribelli a Magbeni avrebbero avuto il tempo di contrattaccare con le mitragliatrici GPMG e cal.50 delle Land Rover catturate ai militari, oltre che con mortai da 51 ed 81mm. Una simile potenza di fuoco avrebbe decimato la forza d’ assalto, rendendo rischioso il recupero dell’ intero dispositivo. Era necessario quindi disporre di una ulteriore forza in grado di scatenare fuoco di soppressione su Magbeni. Gli uomini del “D” Squadron avrebbero voluto i colleghi del “B” Squadron come forza d’ appoggio ma, con soli cinquanta elementi, quest’ ultimo non disponeva di una forza numericamente adeguata. Inoltre, i para’ avevano in precedenza affrontato il R.U.F. (Revolutionary United Front, dal quale provenivano buona parte dei West Side Boys), in missioni seek-and-destroy le quali avevano avuto risultati piu’ che soddisfacenti. Fu cosi’ che ad Aldeshot Barracks, sede del 1st Battalion del Parachute Regiment, il Maggiore Lowe della A Company, 1st Para, ed il suo vice, il Capitano Matthews, misero in moto la propria macchina da guerra. Furono selezionati tra i centoventi ed i centoquaranta para’ in grado di entrare immediatamente in azione a supporto delle Forze Speciali. WMIK Land Rovers, quad bikes, R.H.I.B. (Rigid Hull Inflatable Boat) e camion Pinzgauers sarebbero stati disponibili, oltre a due CH-47 Chinook gia’ dispiegati in teatro. Al fine di mantenere la segretezza, alla forza venne detto di prepararsi ad un’ esercitazione in ambiente tropicale.



Nel mentre, giovedi’ 31 agosto, elementi dell’ advanced party S.A.S. / S.B.S. partirono alla volta del Prince Leopold International Airport di Dakar, onde preparare il campo all’ imminente arrivo del resto della forza. Il 2 settembre, la forza d’ attacco mista ed il suo equiaggiamento, vengono trasportati in Sierra Leone a bordo di tre C-130 Hercules. Nel contempo, informazioni pervenute al J.F.H.Q. di Freetown da parte di due informatori dei West Side Boys, gettarono ulteriore luce sui folli piani di Foday Kallay, incluso il tentativo di fare della Sierra Leone per i britannici, quello che fu la Somalia per le forze statunitensi.



Venerdi’ 1 settembre, i para’ si mossero presso l’ Operational Mounting Centre di South Cerney (Gloucestershire). Quando tutti i telefoni cellulari furono requisiti e gli uomini posti in fase di isolamento, tra i militari iniziarono ad aleggiare sospetti che ci si preparasse ad un vero e proprio dispiegamento operativo. Tali sospetti vennero spazzati via con il primo briefing operativo, nel quale venne spiegato ai para’ il loro ruolo nell’ operazione “BARRAS”. I para’ avrebbero agito in veste di forza di soppressione contro i circa mille ribelli presenti nella base di Magbeni. I militari sarebbero stati inoltre in inferiorita’ numerica di cinque a uno.



Nel frattempo giungono i primi rapporti dalla pattuglia dello S.A.S. inviata in ricognizione fra le paludi delle colline Occra. Individuato il campo base dei guerriglieri, con l’ ausilio probabilmente di microfoni direzionali, i militari apprendono dell’ imminente spostamento dei sette ostaggi in una zona collinare elevata, dove la presenza di una vegetazione maggiormente folta e di un fiume (il Rokel) avrebbero costituito un ulteriore ostacolo per un eventuale attacco. I rapporti pervenuti dalla squadra fanno inoltre presagire un aumento di nervosismo ed instabilità fra i “West Side Boys”, i quali cominciano ad eliminare alcuni dei loro prigionieri (ma non i britannici) ponendoli dinnanzi a veri e propri plotoni d’ esecuzione. Con il definitivo “semaforo verde” dato dal premier britannico Tony Blair, ha ufficialmente inzio l’ operazione “BARRAS”.



Un parà sbarca dal ventre di un elicottero da trasporto Chinook, adagiato su di una spiaggia della Sierra Leone (foto &copy Defence Picture Library, Plymouth)



10 SETTEMBRE, ORE 0616 ZULU: tre elicotteri da trasporto pesante Chinook decollano dall’ aeroporto di Lungi, preceduti da due elicotteri d’ attacco a terra Westland Lynx, per dirigersi alla massima velocità verso il campo ribelle sito sulle rive del fiume Rokel, presso Gberi Bana, sulle colline Occra. A sud dell’ obiettivo (in località Magbeni), una squadra dello S.A.S. attende nascosta fra la giungla l’ arrivo dei parà, per guidarli sul punto inizio attacco.



ORE 0630 ZULU: due Chinook atterrano a Gberi Bana, in prossimità dell’ accampamento ove sono tenuti prigionieri i sette ostaggi, rivelando il loro carico di paracadutisti e S.A.S.. I team si fanno strada fra i ribelli, mentre uno dei Westland Lynx fornisce fuoco di soppressione per i militi a terra. Probabilmente in questo momento si colloca l’ uccisione del soldato Brad Tinnion dello Special Air Service, colpito dal fuoco di una mitragliatrice GPMG (General Purpose Machine Gun). Il combattimento infuria anche a Magbeni, dove una sessantina di ribelli è stata posta a difesa del lato sud dell’ obiettivo. In poco più di un’ ora, la postazione viene neutralizzata dal fuoco incrociato di elicotteri e truppe di terra, mentre a Gberi Bana i militi dello S.A.S. portano in salvo gli ostaggi.



ORE 0700 ZULU: dopo aver assicurato l’ area, gli uomini del Reggimento scortano gli ostaggi verso i Chinook in attesa, i quali si dirigono immediatamente verso la nave ausiliaria Sir Percival, in stand-by al largo di Freetown .



ORE 0800 ZULU: Foday Kallay, leader sul campo dei “West Side Boys”, viene catturato mentre, assieme ad alcuni suoi uomini, tenta la fuga verso nord. Sarà successivamente consegnato al governo della Sierra Leone.



ORE 1600 ZULU: gli ultimi elementi della forza di recupero effettuano l’ esfiltrazione dalla zona operazioni, a bordo di elicotteri da trasporto Chinook.



L’ operazione “BARRAS” ha quindi termine con un bilancio di un operatore dello Special Air Service caduto in azione, un ferito grave, undici feriti lievi, 25 ribelli abbattuti e 18 arresti. Nessuno degli ostaggi risulta aver subito traumi fisici nel corso dell’ operazione.



Brad Tinnion, operatore dello Special Air Service ed unico caduto dell' operazione
A margine dell’ operazione, è purtroppo da notare l’ ignobile trattamento riservato dal Ministry of Defence britannico nei confronti di Bradley “Brad” Tinnion, paramedico del Boat Troop del D Squadron ed unico caduto dell’ operazione. Tinnion (originario di Harrogate, nello Yorkshire, e proveniente dai ranghi della Royal Artillery) conviveva da otto anni con la propria ragazza, Anna Homsi ad Hereford, fuori da Stirling Lines. Nonostante la Homsi avesse dato un figlio a Tinnion, i due non erano sposati. Il Ministry of Defence aveva quindi offerto una somma irrisoria alla fidanzata di Tinnion, onde provvedere alla figlia della coppia. Secondo quanto dichiarato da un Comandante di uno degli Squadron, non appena venuti a conoscenza del misero “risarcimento” riservato alla Homsi, i commandos dello S.A.S. sollevarono un vero inferno. Il Quartier Generale di Reggimento inviò a Whitehall e Downing Street una serie di dichiarazioni ufficiali (ma private), nelle quali si esprimeva sdegno per il trattamento riservato alla vedova di Tinnion. Gli operatori del Territorial S.A.S. supportarono la causa. Quando, dopo l’ 11 settembre 2001, vennero ordinati i dispiegamenti in Afghanistan, gli uomini del Reggimento si rifiutarono di partire senza la firma di contratti scritti nei quali si assicurava, in caso di morte, il pieno supporto economico alle proprie mogli e compagne. Messo alle strette, il Ministry of Defence offerse alla vedova Tinnion, oltre dieci volte la somma originariamente predisposta. Il Ministry of Defence aveva però ancora un’ ultima carta da giocare. Al momento di conferire le onoreficenze per l’ operazione “BARRAS”, a Tinnion venne attribuito il più basso riconoscimento al coraggio. Bradley Tinnion era stato il primo uomo a sbarcare dagli elicotteri della forza attaccante, per lanciarsi al recupero dei dodici colleghi tenuti in ostaggio dai West Side Boys.



Foto di gruppo sulla pista dell' aeroporto di Lungi ( foto &copy Defence Picture Library, Plymouth )

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