
Una delle unità la cui esistenza è tenuta maggiormente segreta fra i ranghi delle forze armate statunitensi (unitamente al 1st S.F.O.D.-D.dello U.S. Army) è il Naval Special Warfare Development Group (DEV.GRU.) della U.S. Navy, anche noto con il nome di SE.A.L. Team Six, MOB. Six e MA.RES.FAC. Di stanza presso la base navale di Dam Neck (Virginia), è esclusivamente responsabile per le operazioni di controterrorismo su suolo nazionale ed all’ estero, principalmente in ambiente marittimo e lacustre. Nell’ alveo di competenza del DEV.GRU. ricadono inoltre le operazioni di raccolta informazioni e controspionaggio. La nascita dell’ unità è la diretta conseguenza del fallimento dell’ operazione “EAGLE CLAW”, il fallito tentativo di salvataggio degli ostaggi statunitensi rinchiusi nell’ ambasciata di Teheran (Iran), nel corso della rivoluzione che portò al potere l’ ayatollah Kohmeini nel 1980. Al pari dello U.S. Army con il 1st S.F.O.D.-D., la Marina statunitense decise di dotarsi di un’ unità con capacità di controterrorismo. Il personale venne tratto direttamente dalla MOB. Six (Mobility Six), una unità specializzata nel controterrorismo marittimo, creata all’ interno del SE.A.L. Team Two di Little Creek e la quale aveva iniziato a sperimentare tecniche avanzate di fast roping a bordo di vascelli. La MOB. Six era formata da due plotoni e rappresentò la scelta naturale per il Naval Special Warfare Command, in luogo di un’ unità similare creata dal SE.A.L. Team One, ma dotata di minori capacità operative.

Nell’ ottobre 1980, quindi, la MOB. 6 venne sciolta per fare spazio alla nuova unità controterrorismo della Marina, denominata SE.A.L. Team Six (il numero per l’ unità venne scelto al fine di confondere l’intelligence sovietica in merito alla reale consistenza numerica dei vari Team SE.A.L.). La nuova unità (il cui padre fondatore fu il celeberrimo Comandante Richard Marcinko, precedentemente alla guida del SE.A.L. Team Two) era composta da molti ex membri della MOB. Six e dal suo Comandante i quali, facendo tesoro della precedente esperienza, portarono il SE.A.L. Team Six a divenire operativo in soli sei mesi. Forti legami vennero stretti con lo Special Boat Service e lo Special Air Service britannici, con ilG.S.G.9 tedesco, oltre che con le controparti italiane (Gruppo Operativo Incursori delCOM.SUB.IN.), francesi ed israeliane. I conflitti in medioriente e le guerre ai cartelli della droga in Sud America, videro sovente l’ intervento del SE.A.L. Team Six in operazioni sotto copertura. L’ unità andò successivamente incontro ad una profonda ristrutturazione. Le motivazioni di tale operazione non vennero mai chiarite, anche se sembra che il SE.A.L. Team Six avesse iniziato a godere di una non buona fama all’ interno della U.S. Navy, a causa di alcuni membri che si sarebbero appropriati indebitamente di fondi ed equipaggiamento riservato all’ unità. Dopo l’ esautoramento del Comandante Marcinko, che passò alla guida della Red Cell (vedi box), l’ unità mutò quindi il proprio nome in Marine Research Facility (MA.RES.FAC.), cercando di dissimulare la propria reale natura sotto le mentite spoglie di una cellula scientifica, per divenire infine Naval Special Warfare Development Group (DEV.GRU.). Quest’ ultima denominazione, aveva lo scopo di far credere che l’ unità fosse un laboratorio incaricato di sviluppare nuove tecniche di combattimento ed armamenti per il NAV.SPEC.WAR.COM. Il DEV.GRU. era in realtà un reparto altamente qualificato nelle operazioni di controterrrismo e posto sotto il controllo politico del Joint Special Operations Command (J.S.O.C., ubicato presso la base aerea di Pope, North Carolina), cui è aggregato anche il 1st S.F.O.D.-D..
Richard Marcinko e la Red Cell

La storia del DEV.GRU., è anche la storia del suo fondatore, il Comandante Richard Marcinko. Arruolatosi nel 1958 in Marina, Marcinko ottiene una laurea in Relazioni Internazionali presso la Navy Post Graduate School di Monterey (California), per conseguire successivamente un master in Scienze Politiche alla Auburn University. Arruolatosi nel SE.A.L. ed inviato in Vietnam, nel corso dei suoi due turni di servizio si guadagnerà una Silver Star, quattro Bronze Star, due Navy Commendation Medals e la Vietnamese Cross of Gallantry con Silver Star. Il Tenente Marcinko ed il suo plotone, eliminarono un numero talmente elevato di Viet Cong, da fargli “guadagnare” una taglia sulla propria testa di 50.000 “piastre”. Nel 1980 fonderà il SE.A.L. Team Six, divenendone il primo Comandante e nel 1984, gli sarà affidato dal Vice Ammiraglio James A. “Ace” Lyons Jr. (allora Deputy Chief of Naval Operations) il compito di ideare una unità incaricata di testare l’ effettiva sicurezza delle basi navali statunitensi nei confronti di attacchi terroristici. In realtà, tale incarico ufficiale, avrebbe costituito un vero e proprio “specchietto per le allodole”, in grado di coprire quella che sarebbe stata la funzione principale dell’ unità: la conduzione di operazioni segrete di controterrorismo in tutto il globo. In tal modo, mentre un parte del reparto avrebbe condotto i test in questione nei confronti di una base su suolo straniero, l’ altra avrebbe potuto operare sotto copertura in eventuali azioni dirette. Questa politica proattiva aveva l’ unico scopo di abbattere elementi terroristi, prima ancora che questi potessero nuocere agli interessi statunitensi. Al fine di presentare una prova dell’ effettiva violazione delle basi da parte dell’ unità, tre operatori del SE.A.L. Team Six sarebbero stati presenti allo scopo di infiltrarsi con gli incursori e filmare l’ operazione. Marcinko battezzò il suo gruppo (formalmente designato con la sigla OP-06D) Red Cell, costituendolo con tre ufficiali ed undici marinai tratti dal SE.AL. Team Six, ad esclusione di Steve Hartman, ex operatore della Force Recon dello U.S. Marine Corps.
Benchè i membri dell’ unità fossero obbligati a mantenere le proprie qualifiche di subacquei, paracadutisti e demolitori, ampio spazio veniva lasciato alla preparazione fisica del singolo operatore, al quale era solamente richiesto di mantenere elevate le proprie capacità atletiche. La Red Cell non avrebbe comunque operato al di fuori di ogni regola. Un avvocato militare aveva il compito di verificare la legalità delle azioni dell’ unità, mentre ogni operazione, doveva vedere l’ approvazione di una ristretta commissione di alti ufficiali della Marina, del Vice Ammiraglio Lyons, del Vice Chief of Naval Operations e del Commander in Chief (C.IN.C.) della Regione ove l’ azione avrebbe avuto luogo. La Red Cell si sarebbe addestrata unitamente al 160th Special Operations Aviation Regiment (S.O.A.R.), in particolar modo per effettuare assalti simulati a naviglio a bordo di MH-6 Little Bird, oltre all’ impiego dei diversi vettori della U.S. Air Force per aviolanci e trasporto di equipaggiamenti. Per quanto concerne l’ addestramento avanzato, l’ unità si interessò principalmente di affinare le capacità di tiro dei singoli membri, per altro già ineccepibili, considerato il curriculumdi ciascuno di essi. Quando la Red Cell venne reputata pronta per entrare in azione, nella primavera del 1985, venne dato il via al primo test presso la base navale di Norfolk (Virginia). Il Comandante dell’ installazione sarebbe stato avvertito dell’ incursione da parte della Red Cell e dei bersagli che sarebbero stati colpiti (le navi della Seconda Flotta ed il quartier generale della Flotta Atlantica), oltre che della tempistica realtiva all’ attacco. L’ esercitazione fu un successo e diede alla Red Cell la possibilità di testare il proprio modus operandi, in particolar modo in relazione alle tecniche di infiltrazione ed alla registrazione dell’ operazione.

La prima “operazione” ebbe luogo nel giugno 1985, presso la base di New London (Connecticut), sede dei sommergibili nucleari classe TRIDENT ed OHIO. Uno degli obiettivi sarebbe stato costituito dalla Naval Submarine Support Facility della struttura, incaricata di eseguire lavori di manutenzione sui sommergibili, verifica degli armamenti e supporto a tre squadroni composti da ventidue vascelli nucleari e relative imbarcazioni di supporto e servizio. La ricognizione precedente all’ inizio della missione rivelò che la base non era munita di un cancello d’ entrata vero e proprio; le rotaie di una ferrovia attraversavano la base da nord verso sud; i reticolati erano erosi o seriamente danneggiati; la parte più ad est del settore nord della base non era protetta da alcuna barriera, ma da un dirupo alto cento metri e coperto da vegetazione, alla base del quale si trovava il magazzino armamenti, protetto da un singolo reticolato. Inoltre, i membri del team furono in grado di sorvolare a bassa quota gli ormeggi dei sottomarini con un piccolo aeroplano in affitto, senza provocare alcuna risposta armata da parte della sorveglianza. In una successiva occasione, a bordo di una piccola imbarcazione battente bandiera sovietica, gli operatori furono in grado di avvicinarsi alla base per girare video e scattare fotografie dei sommergibili.
Dopo tre giorni di preparazioni, la Red Cell annunciò l’ inizio dell’ esercitazione con una telefonata al centralino della base. L’ avvio delle manovre evidenziò ulteriori falle nella difesa della base. I sensori di movimento intorno alla polveriera, ad esempio, potevano coprire solamente l’ area antistante la costruzione, lasciando esposto il retro. Quattro operatori della Red Cell riuscirono quindi a penetrare nel magazzino. Una sentinella venne sorpresa ed “eliminata”, mentre i container di propano vennero trappolati con finti esplosivi. Stessa sorte toccò all’ area di preparazione delle armi nucleari ed a diversi siluri. Il secondo giorno vennero colpiti, l’ ospedale della base, il centro comunicazione e gli edifici del quartier generale. Un altro team costituito da quattro elementi (dopo aver riposto i propri abiti civili in sacche a tenuta stagna) indossò delle mute per dirigersi verso l’ attracco sottomarini. Cambiatisi nuovamente in abiti civili, gli operatori “uccisero” le sentinelle (sorprese a bere caffè nel posto di guardia), posizionarono cariche esplosive finte su di un sommergibile e penetrarono all’ interno di un altro vascello, piazzando cariche nella sala di controllo, nel compartimento del reattore nucleare e nella stanza dei siluri. La base risultò quindi completamente vulnerabile ad un attacco terroristico.
Nel 1985, l’ Ammiraglio Lyons venne promosso Comandante in Capo della Flotta del Pacifico, privando la Red Cell di uno dei suoi più influenti alleati, in grado di coprire l’ unità ed il suo Comandante dai frequenti richiami disciplinari. L’ obiettivo successivo per la Red Cell, sarebbe stato quello di testare la vulnerabilità dell’ Air Force One, stanziato presso la base navale di Port Mugu in occasione del periodo di riposo dell’ allora Presidente Ronald Reagan, presso il proprio ranch in California. Nonostante fosse munita di una apposita squadra S.W.A.T., Port Mugu non era al riparo da falle nel dispositivo di difesa. Un team costituito da tredici operatori, si infiltrò all’ interno della base scalandone il reticolato, scoprendo quanto scarsa fosse la sorveglianza verso i caccia F/A-18 Hornet parcheggiati sulla pista principale, cui vennero applicate finte cariche esplosive. Il Team “distrusse” inoltre l’ antenna di comunicazione principale della base, lanciò granate fumogene all’ interno dell’ edificio sede del quartier generale, guidò una macchina attraverso il cancello principale per poi farsi inseguire da tre jeep per tutta la lunghezza della pista d’ aviazione della base e “prese in ostaggio” le donne e i bambini presenti nella caffetteria della base. La Red Cell rubò inoltre un camion carico di finte cariche esplosive, posizionandolo nei pressi degli alloggi degli ufficiali. Il mezzo vi rimase parcheggiato per tutto il fine settimana, senza far sorgere alcun sospetto. Il lunedì, il veicolo venne posizionato nei pressi dell’ Air Force One, gli esplosivi vennero “attivati” e l’ aereo presidenziale “distrutto”.
Ma i metodi poco convenzionali impiegati dalla Red Cell, uniti ad un eccessivo zelo e ad una grave carenza di disciplina, sarebbero ben presto stati fonte di problemi per l’ unità. In una occasione, una impiegata civile presso una delle basi testate dalla Red Cell, denunciò alcuni membri dell’ unità per molestie sessuali. Il Comandante Marcinko venne infine sostituito dal Capitano Tom Tarbox, ma il destino dell’ unità era ormai segnato e la Red Cell finì per esser sciolta. I commenti su Marcinko sono quantomeno ambivalenti. Si va dall’ ex operatore che evidenzia la sua capacità straordinaria nel motivare le truppe a chi ricorda come fosse solito attendere i debriefing in ciabatte, pantaloncini ed in stato di evidente alterazione alcolica. Marcinko sarà successivamente accusato di cospirazione, conflitto di interessi, dichiarazioni false nei confronti del Governo e corruzione, venendo condannato a quasi due anni di reclusione all’ interno di un carcere federale ed al pagamento di una multa di 10.000 dollari. Nonostante le disavventure giudiziarie che lo hanno coinvolto, Richard Marcinko (soprannomoinato “Rogue Warrior”, il Guerriero Rinnegato) è oggi ritenuto una figura mitica in alcuni circoli SE.A.L. ed è attualmente impiegato nel settore della sicurezza privata, oltre ad essere autore di libri di successo.